“Quella volta che Falcone venne a Cagliari. E poi la droga, Andreotti, i sequestri di persona, i poveri diavoli di Is Mirrionis”.
Gli straordinari libri del commissario Gianni Pesce...
Gli straordinari libri del commissario Gianni Pesce...
5 AGOSTO 2012 - tratto dal BLOG di Vito BIOLCHINI
Ci sono scrittori mediocri che cercano a lungo di inventare un personaggio credibile per i loro noir da quattro soldi e spacciano per vere vicende inverosimili.
Poi ci sono uomini straordinari che hanno fatto della giustizia la loro missione di vita e che hanno deciso di mettere nero su bianco i ricordi delle loro imprese più straordinarie, incredibili e dolorose, nascondendole appena dietro il velo di una scrittura letteraria. I nomi dei primi sono tristemente noti alle cronache letterarie, della esigua schiera dei secondi io ho avuto la fortuna di incontrare Gianni Pesce, il leggendario poliziotto a capo del commissariato cagliaritano di San Michele e Sant’Avendrace dal 1969 al 1988.
Siete stupiti? Anch’io. Incontri del genere non possono che essere casuali.
E così, dopo aver ricevuto una mail dal figlio Carlo ed essere riuscito a scambiare quattro chiacchiere con il nostro autore (un uomo grande e grosso, come si conviene ad un ex nazionale di baseball quale è stato), mi sono ritrovato in mano quattro libri, uno più incredibile dell’altro, nei quali il commissario (nato a Roma e ora in pensione, dopo aver chiuso la sua carriera ad Alghero nel 1994) racconta le sue memorie, appena travisate dietro un alter ego che di diverso ha solo il cognome: Gianni Mari.
Forse solo Sergio Atzeni (ma con altro intento, e dunque con altro linguaggio) aveva finora raccontato con tanta nitidezza la vita nelle periferie cagliaritane negli anni ’70. Storie di miseria che diventa delinquenza, di disperazione, storie di droga. Quale flagello fosse l’eroina in quegli anni in molti forse se lo sono già dimenticato: Gianni Pesce no.
Ma il commissario ci mette anche del suo, e cioè racconta con una scrittura asciutta e coinvolgente (i libri me li sono letti in pochi giorni uno dopo l’atro), i retroscena clamorosi di alcuni dei più importanti fatti di cronaca giudiziaria cagliaritana che gli over 50 non avranno difficoltà a ricordare, nonostante l’autore cerchi di sviare le indagini (sarebbe il caso di dire) mutando nomi e piccole circostanze.
Accorgimenti inutili: per chi sa leggere gli indizi che Gianni Pesce lascia disseminati qua e là nella sua scrittura, l’esito è devastante. E non so in quanti in piazza Repubblica e dintorni saranno contenti di questi libri di memorie. Che infatti circolano da qualche anno e di cui però nessuno ha mai parlato. Perché fanno male, proprio come la verità.
Volete sapere che fine facevano i soldi dei sequestri di persona? Volete conoscere le logiche tutte interne sia alla polizia che alla magistratura cittadine? Volete ritornare in quel clima duro degli anni ’70 a Cagliari? Leggetevi allora “Giusto ed ingiusto”, storie di un commissariato di periferia osteggiato perché efficiente, ed efficiente perché composto da uomini fuori dal comune guidati con passione e senso della giustizia.
Perché Pesce ancora oggi è ricordato in città come un poliziotto coraggioso, capace di resistere alla pressioni e con un grande senso di umanità nei confronti dei più deboli.
Poi c’è la droga. Un fiume che invase la città e che fece ancor più ricchi i ricchi, esponenti del mondo delle professioni (dei veri e propri insospettabili), che si quotavano per far arrivare in città partite di eroina purissima. In “Thai connection” il commissario Mari è così impegnato in una incredibile missione in Thailandia, dove solo la sua formazione militare gli consentirà di evitare l’incontro con la “comare secca”.
Ma il libro regala anche ulteriori squarci della criminalità cittadina degli anni ’70: omicidi, piccoli furti, ragazze costrette a prostituirsi, e l’emergere della violenza politica, con l’impressionante racconto della serata di fronte al Teatro Massimo, quando, in concomitanza con il concerto della Pfm, organizzatissimi gruppi dell’estrema sinistra scatenarono una vera e propria guerriglia urbana (alla fine furono 72 i lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine, e 42 i feriti, equamente ripartiti tra le due parti).
Mettiamola così: i soliti scrittori di noir inventano una storia traballante e la alimentano di episodi veri. Nei libri di Pesce, invece, tutto è terribilmente vero.
Perché un uomo che ha rischiato la vita tante volte ora si mette nuovamente in gioco, raccontando semplicemente la verità? Perché forse non tutto è stato detto, e Gianni Pesce vuole chiudere i conti col passato.
In “Radici e potere” da una banale indagine su di una patente concessa dalla Motorizzazione di Cagliari ad una non vedente, il commissario Mari arriva a Roma e tocca con mano il potente sistema di potere andreottiano.
Sì, avete capito bene. Pesce non ha paura di svelare le segrete trame che per decenni hanno tenuto insieme il paese, in un intrico di corruzione, opportunismi politici, miserie umane e atti di coraggio.
E poi c’è la mafia. Il libro “Radici e sangue” è sicuramente il più sconcertante e commovente dei quattro, e racconta come da una banale inchiesta nata a Cagliari nel 1983 il commissario Mari si trovi nel gruppo che a Palermo combatte Cosa Nostra senza esclusione di colpi. A parte quello del protagonista, in questo libro tutti i nomi e le circostanze sono vere. E lasciano senza parole.
Tutto parte per caso. Il nostro commissario capisce che un mafioso arrestato a Cagliari potrebbe iniziare a parlare. Prima ancora di Tommaso Buscetta, e prima ancora della nascita di una legislazione in grado di proteggere i collaboratori di giustizia, il mafioso racconta come è organizzata Cosa Nostra, quali sono i suoi capi e i suoi riferimenti politici nazionali. Notizie impressionanti, all’epoca sconosciute agli stessi inquirenti, che lasciano sgomento Mari.
Grazie all’intermediazione del procuratore Villasanta, il nostro commissario arriva a Palermo per mettersi in contatto con Giovanni Falcone. La casa del giudice è praticamente un bunker stracolmo di carte e faldoni. In Sicilia Mari lavora insieme al fidatissimo collaboratore diFalcone, Ninni Cassarà: un uomo straordinario, che subito capirà i rischi dell’inchiesta.
Perché dal filone sardo arriveranno preziosissime indicazioni che, grazie anche all’azione del capo dell’Ufficio Istruzione Rocco Chinnici, incastreranno nel famoso maxiprocesso a Cosa Nostra Nino e Ignazio Salvo, gli uomini di Andreotti in Sicilia.
Pesce ci rivela un episodio incredibile e fino ad oggi ancora sconosciuto: Giovanni Falcone arrivò effettivamente a Cagliari ad interrogare quello che fu di fatto il primo collaboratore di giustizia nella storia della mafia.
E di quell’incontro nella sala riservata di un famosissimo ristorante il libro descrive particolari che ben restituiscono la straordinaria personalità del giudice, il suo modo di lavorare, la sua logica spesso incomprensibile anche agli stessi colleghi ma sempre guidata dalla necessità di difendersi sia da Cosa Nostra che dalla politica che proteggeva Cosa Nostra.
“Radici e sangue” è qualcosa di più di un racconto ben scritto: è una testimonianza civile, una fotografia nitidissima di un periodo storico drammatico per il nostro paese che Pesce ha vissuto da protagonista a fianco di uomini che hanno pagato con la vita il loro attaccamento alle istituzioni e alla legge.
I nomi riportati nel libro sono tutti veri. Come quello del procuratore arrivato in Sardegna e colluso con Cosa Nostra, o del maresciallo che ha tradito Cassarà.
Il giovane vicequestore di Palermo morì ucciso in un agguato, e la stessa fine fecero Giovanni Falcone, Rocco Chinnici, Beppe Montana, Emanuele Basile e Mario D’Aleo. Solo Mari si è salvato dalla vendetta di Cosa Nostra. E ora il suo alter ego ci racconta quella storia. Imperdibile.
Vi ho incuriosito? I libri di Gianni Pesce li trovate a Cagliari alla libreria “Piazza Repubblica Libri”. E dove sennò?
Poi ci sono uomini straordinari che hanno fatto della giustizia la loro missione di vita e che hanno deciso di mettere nero su bianco i ricordi delle loro imprese più straordinarie, incredibili e dolorose, nascondendole appena dietro il velo di una scrittura letteraria. I nomi dei primi sono tristemente noti alle cronache letterarie, della esigua schiera dei secondi io ho avuto la fortuna di incontrare Gianni Pesce, il leggendario poliziotto a capo del commissariato cagliaritano di San Michele e Sant’Avendrace dal 1969 al 1988.
Siete stupiti? Anch’io. Incontri del genere non possono che essere casuali.
E così, dopo aver ricevuto una mail dal figlio Carlo ed essere riuscito a scambiare quattro chiacchiere con il nostro autore (un uomo grande e grosso, come si conviene ad un ex nazionale di baseball quale è stato), mi sono ritrovato in mano quattro libri, uno più incredibile dell’altro, nei quali il commissario (nato a Roma e ora in pensione, dopo aver chiuso la sua carriera ad Alghero nel 1994) racconta le sue memorie, appena travisate dietro un alter ego che di diverso ha solo il cognome: Gianni Mari.
Forse solo Sergio Atzeni (ma con altro intento, e dunque con altro linguaggio) aveva finora raccontato con tanta nitidezza la vita nelle periferie cagliaritane negli anni ’70. Storie di miseria che diventa delinquenza, di disperazione, storie di droga. Quale flagello fosse l’eroina in quegli anni in molti forse se lo sono già dimenticato: Gianni Pesce no.
Ma il commissario ci mette anche del suo, e cioè racconta con una scrittura asciutta e coinvolgente (i libri me li sono letti in pochi giorni uno dopo l’atro), i retroscena clamorosi di alcuni dei più importanti fatti di cronaca giudiziaria cagliaritana che gli over 50 non avranno difficoltà a ricordare, nonostante l’autore cerchi di sviare le indagini (sarebbe il caso di dire) mutando nomi e piccole circostanze.
Accorgimenti inutili: per chi sa leggere gli indizi che Gianni Pesce lascia disseminati qua e là nella sua scrittura, l’esito è devastante. E non so in quanti in piazza Repubblica e dintorni saranno contenti di questi libri di memorie. Che infatti circolano da qualche anno e di cui però nessuno ha mai parlato. Perché fanno male, proprio come la verità.
Volete sapere che fine facevano i soldi dei sequestri di persona? Volete conoscere le logiche tutte interne sia alla polizia che alla magistratura cittadine? Volete ritornare in quel clima duro degli anni ’70 a Cagliari? Leggetevi allora “Giusto ed ingiusto”, storie di un commissariato di periferia osteggiato perché efficiente, ed efficiente perché composto da uomini fuori dal comune guidati con passione e senso della giustizia.
Perché Pesce ancora oggi è ricordato in città come un poliziotto coraggioso, capace di resistere alla pressioni e con un grande senso di umanità nei confronti dei più deboli.
Poi c’è la droga. Un fiume che invase la città e che fece ancor più ricchi i ricchi, esponenti del mondo delle professioni (dei veri e propri insospettabili), che si quotavano per far arrivare in città partite di eroina purissima. In “Thai connection” il commissario Mari è così impegnato in una incredibile missione in Thailandia, dove solo la sua formazione militare gli consentirà di evitare l’incontro con la “comare secca”.
Ma il libro regala anche ulteriori squarci della criminalità cittadina degli anni ’70: omicidi, piccoli furti, ragazze costrette a prostituirsi, e l’emergere della violenza politica, con l’impressionante racconto della serata di fronte al Teatro Massimo, quando, in concomitanza con il concerto della Pfm, organizzatissimi gruppi dell’estrema sinistra scatenarono una vera e propria guerriglia urbana (alla fine furono 72 i lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine, e 42 i feriti, equamente ripartiti tra le due parti).
Mettiamola così: i soliti scrittori di noir inventano una storia traballante e la alimentano di episodi veri. Nei libri di Pesce, invece, tutto è terribilmente vero.
Perché un uomo che ha rischiato la vita tante volte ora si mette nuovamente in gioco, raccontando semplicemente la verità? Perché forse non tutto è stato detto, e Gianni Pesce vuole chiudere i conti col passato.
In “Radici e potere” da una banale indagine su di una patente concessa dalla Motorizzazione di Cagliari ad una non vedente, il commissario Mari arriva a Roma e tocca con mano il potente sistema di potere andreottiano.
Sì, avete capito bene. Pesce non ha paura di svelare le segrete trame che per decenni hanno tenuto insieme il paese, in un intrico di corruzione, opportunismi politici, miserie umane e atti di coraggio.
E poi c’è la mafia. Il libro “Radici e sangue” è sicuramente il più sconcertante e commovente dei quattro, e racconta come da una banale inchiesta nata a Cagliari nel 1983 il commissario Mari si trovi nel gruppo che a Palermo combatte Cosa Nostra senza esclusione di colpi. A parte quello del protagonista, in questo libro tutti i nomi e le circostanze sono vere. E lasciano senza parole.
Tutto parte per caso. Il nostro commissario capisce che un mafioso arrestato a Cagliari potrebbe iniziare a parlare. Prima ancora di Tommaso Buscetta, e prima ancora della nascita di una legislazione in grado di proteggere i collaboratori di giustizia, il mafioso racconta come è organizzata Cosa Nostra, quali sono i suoi capi e i suoi riferimenti politici nazionali. Notizie impressionanti, all’epoca sconosciute agli stessi inquirenti, che lasciano sgomento Mari.
Grazie all’intermediazione del procuratore Villasanta, il nostro commissario arriva a Palermo per mettersi in contatto con Giovanni Falcone. La casa del giudice è praticamente un bunker stracolmo di carte e faldoni. In Sicilia Mari lavora insieme al fidatissimo collaboratore diFalcone, Ninni Cassarà: un uomo straordinario, che subito capirà i rischi dell’inchiesta.
Perché dal filone sardo arriveranno preziosissime indicazioni che, grazie anche all’azione del capo dell’Ufficio Istruzione Rocco Chinnici, incastreranno nel famoso maxiprocesso a Cosa Nostra Nino e Ignazio Salvo, gli uomini di Andreotti in Sicilia.
Pesce ci rivela un episodio incredibile e fino ad oggi ancora sconosciuto: Giovanni Falcone arrivò effettivamente a Cagliari ad interrogare quello che fu di fatto il primo collaboratore di giustizia nella storia della mafia.
E di quell’incontro nella sala riservata di un famosissimo ristorante il libro descrive particolari che ben restituiscono la straordinaria personalità del giudice, il suo modo di lavorare, la sua logica spesso incomprensibile anche agli stessi colleghi ma sempre guidata dalla necessità di difendersi sia da Cosa Nostra che dalla politica che proteggeva Cosa Nostra.
“Radici e sangue” è qualcosa di più di un racconto ben scritto: è una testimonianza civile, una fotografia nitidissima di un periodo storico drammatico per il nostro paese che Pesce ha vissuto da protagonista a fianco di uomini che hanno pagato con la vita il loro attaccamento alle istituzioni e alla legge.
I nomi riportati nel libro sono tutti veri. Come quello del procuratore arrivato in Sardegna e colluso con Cosa Nostra, o del maresciallo che ha tradito Cassarà.
Il giovane vicequestore di Palermo morì ucciso in un agguato, e la stessa fine fecero Giovanni Falcone, Rocco Chinnici, Beppe Montana, Emanuele Basile e Mario D’Aleo. Solo Mari si è salvato dalla vendetta di Cosa Nostra. E ora il suo alter ego ci racconta quella storia. Imperdibile.
Vi ho incuriosito? I libri di Gianni Pesce li trovate a Cagliari alla libreria “Piazza Repubblica Libri”. E dove sennò?
“Cagliari criminale”: Venerdì 28 la presentazione dei romanzi di Gianni Pesce!
26 Settembre 2012 tratto dal Blog di Vito BIOLCHINI
Che i suoi libri a Cagliari diano fastidio a qualcuno, Gianni Pesce lo sa benissimo. “Danno fastidio, e so pure a chi. Una casa editrice nazionale, dopo mesi di interessamenti e trattative, si è tirata indietro dopo la telefonata giusta”. Così il poliziotto che ha guidato per vent’anni il commissariato di San Michele, i suoi romanzi se li è stampati da solo. E in città non se ne è saputo praticamente nulla fino a quando un mese e mezzo fa, su questo blog, non è uscito il post “Quella volta che Falcone venne a Cagliari. E poi la droga, Andreotti, i sequestri di persona, i poveri diavoli di Is Mirrionis”. Gli straordinari libri del commissario Gianni Pesce.
Risultato: centinaia di copie vendute in poche settimane, non solo a Cagliari ma anche in altre librerie nel resto della Sardegna. E le richieste continuano ad arrivare. “Grazie al web ho scoperto che ci sono possibilità che non avevo mai considerato. La risposta è stata estremamente positiva”.
Per questo motivo non era neanche immaginabile che a Cagliari non ci fosse una presentazione ufficiale dei romanzi di Gianni Pesce. Detto, fatto: appuntamento venerdì 28 settembre a partire dalle 18, in via San Giacomo 117 nella sede dell’associazione Don Chisciotte, organizzatrice dell’evento. Insieme a me, ad intervistare l’autore, ci sarà Pino Cabras, mentre le letture saranno curate dall’attore Elio Turno Arthemalle. E per il sottoscritto sarà anche un’occasione speciale, visto che proprio venerdì festeggio il secondo anno di vita del blog.
Titolo della serata: “Cagliari criminale: la malavita, la giustizia, i poliziotti e i mafiosi all’ombra della Torre dell’Elefante nei romanzi di Gianni Pesce”.
“lo lo so che i libri come i miei danno fastidio all’assetto: perché criticano questo sistema in cui le mele marce sono messe al posto giusto”.
Reazioni speciali?
“Un giorno porto il mio primo libro ad un prefetto amico mio. Grande cordialità, anche lui mi regala un suo libro con tanto di dedica. Il tempo di tornare a casa che mi chiama: “Gianni, ma ti rendi conto di cosa hai scritto? Sei andato contro l’amministrazione! Devi cambiare quello che hai scritto qui, qui e qui”.
E lei?
“Gli ho detto che non se ne parlava proprio. E le assicuro che di telefonate così ne ho ricevuto diverse”.
Cosa vuole raccontare nei suoi libri?
“Innanzitutto voglio trasmettere le emozioni che io ho vissuto nel corso della mia esperienza professionale. E poi cerco di evidenziare come oggi nella nostra società spesso manchino principi fondamentali come il senso dello Stato, quello di responsabilità, l’altruismo, il coraggio. Oggi dire che la legge è uguale per tutti è ormai quasi una bestemmia”.
Come ha iniziato a scrivere?
“È stato per caso. Poi mi sono reso conto che in questo modo potevo lasciare ai miei figli un racconto più ragionato di quelle che sono state le mie esperienze più importanti. E poi mi sono accorto che quanto scrivevo poteva interessare una platea più vasta”.
Non si è inventato niente, vero?
“No. Ho solo smussato alcuni angoli, laddove qualche particolare in più avrebbe potuto mettere ancora oggi in seria difficoltà qualcuno”.
A leggere i suoi libri c’è da restare sconcertati.
“Non esiste giustizia, legge o politica che possa essere svincolata da un solido sistema morale, e parlo di morale laica. L’assenza di una morale laica determina crisi in cui stiamo vivendo. Dove anche le porcate hanno una parvenza di legalità”.
Lei ha diretto il Commissariato di San Michele tra il 1969 e il 1989. Com’era la “Cagliari criminale” di allora?
“Il salto di qualità lo si è visto a metà degli anni ’70 con l’arrivo della droga, facilitato da alcune nome che ne legalizzavano l’uso. Cagliari si trovò a fare i conti con cinquemila eroinomani disposti a tutto. La vecchia delinquenza fu travolta e iniziò una fase completamente diversa”.
Con la droga arrivò anche la mafia. E a Cagliari, per interrogare un trafficante che leri aveva arrestato, arrivò, su un aereo dei servizi segreti, il giudice Falcone. Che anno era?
“Il 1983. Nessuno era informato dell’arrivo del giudice. L’interrogatorio del mafioso che curava gli interessi di una famiglia a Cagliari non avvenne in un ufficio della commissariato, ma in una sala riservata del ristorante “Sa cardiga e su schironi”. La notizia di questa visita è sempre rimasta riservata, nessuno ne ha mai parlato prima che io la rievocassi nel mio libro. Falcone era un magistrato eccezionale. Bisognava entrare in sintonia con lui, perché aveva un modo di fare molto siciliano, mentre io da romano ero più abituato ad essere assolutamente diretto su tutto. Ma vidi come istruì il famoso maxiprocesso a Cosa Nostra: con una precisione incredibile, ci chiedeva le prove di ogni prova che portavamo. È stato veramente un eroe”.
Quali sono state le letture che le hanno facilitato questa sua nuova avventura da scrittore?
“Ho sempre letto le cose più varie, tutto quello che ho avuto sottomano l’ho sempre letto. Dal punto di vista letterario, mi piace molto Hemingway, così come i racconti di Kipling. Poi ho una passione per gli storici dell’antichità. Erodoto e Senofonte aiutano a capire molto dell’evoluzione della società. Romanzi invece ne leggo pochi”.
Perché?
“Un poliziotto come me la prima cosa che si chiede è se una storia quadra o no, se i particolari che sono raccontati sono credibili o no. E nei romanzi spesso ci sono persone con una pallottola calibro 9 nello stomaco che fanno cose inverosomili!”.
Progetti per il futuro?
“Ho ripreso a scrivere, ma con molta sofferenza. Nell’ultimo libro, Radici e sangue, ho raccontato come sono morte 32 persone che lottavano contro la mafia. Per la prima volta ho fatto nomi e cognomi veri, e non è stato facile”.
Teme l’arrivo di altre telefonate particolari?
“L’ultima mi è arrivata due giorni fa. Mi chiamano da un noto studio legale cagliaritano, la segretaria mi dice “Resti in attesa”. Pensavo che mi volessero preannunciare una querela e sono stato molto brusco. E invece era solo un notissimo avvocato che aveva letto i miei libri e mi voleva fare i complimenti. Mi ha anche detto che venerdì verrà alla presentazione”.
E voi, ci sarete?
Risultato: centinaia di copie vendute in poche settimane, non solo a Cagliari ma anche in altre librerie nel resto della Sardegna. E le richieste continuano ad arrivare. “Grazie al web ho scoperto che ci sono possibilità che non avevo mai considerato. La risposta è stata estremamente positiva”.
Per questo motivo non era neanche immaginabile che a Cagliari non ci fosse una presentazione ufficiale dei romanzi di Gianni Pesce. Detto, fatto: appuntamento venerdì 28 settembre a partire dalle 18, in via San Giacomo 117 nella sede dell’associazione Don Chisciotte, organizzatrice dell’evento. Insieme a me, ad intervistare l’autore, ci sarà Pino Cabras, mentre le letture saranno curate dall’attore Elio Turno Arthemalle. E per il sottoscritto sarà anche un’occasione speciale, visto che proprio venerdì festeggio il secondo anno di vita del blog.
Titolo della serata: “Cagliari criminale: la malavita, la giustizia, i poliziotti e i mafiosi all’ombra della Torre dell’Elefante nei romanzi di Gianni Pesce”.
“lo lo so che i libri come i miei danno fastidio all’assetto: perché criticano questo sistema in cui le mele marce sono messe al posto giusto”.
Reazioni speciali?
“Un giorno porto il mio primo libro ad un prefetto amico mio. Grande cordialità, anche lui mi regala un suo libro con tanto di dedica. Il tempo di tornare a casa che mi chiama: “Gianni, ma ti rendi conto di cosa hai scritto? Sei andato contro l’amministrazione! Devi cambiare quello che hai scritto qui, qui e qui”.
E lei?
“Gli ho detto che non se ne parlava proprio. E le assicuro che di telefonate così ne ho ricevuto diverse”.
Cosa vuole raccontare nei suoi libri?
“Innanzitutto voglio trasmettere le emozioni che io ho vissuto nel corso della mia esperienza professionale. E poi cerco di evidenziare come oggi nella nostra società spesso manchino principi fondamentali come il senso dello Stato, quello di responsabilità, l’altruismo, il coraggio. Oggi dire che la legge è uguale per tutti è ormai quasi una bestemmia”.
Come ha iniziato a scrivere?
“È stato per caso. Poi mi sono reso conto che in questo modo potevo lasciare ai miei figli un racconto più ragionato di quelle che sono state le mie esperienze più importanti. E poi mi sono accorto che quanto scrivevo poteva interessare una platea più vasta”.
Non si è inventato niente, vero?
“No. Ho solo smussato alcuni angoli, laddove qualche particolare in più avrebbe potuto mettere ancora oggi in seria difficoltà qualcuno”.
A leggere i suoi libri c’è da restare sconcertati.
“Non esiste giustizia, legge o politica che possa essere svincolata da un solido sistema morale, e parlo di morale laica. L’assenza di una morale laica determina crisi in cui stiamo vivendo. Dove anche le porcate hanno una parvenza di legalità”.
Lei ha diretto il Commissariato di San Michele tra il 1969 e il 1989. Com’era la “Cagliari criminale” di allora?
“Il salto di qualità lo si è visto a metà degli anni ’70 con l’arrivo della droga, facilitato da alcune nome che ne legalizzavano l’uso. Cagliari si trovò a fare i conti con cinquemila eroinomani disposti a tutto. La vecchia delinquenza fu travolta e iniziò una fase completamente diversa”.
Con la droga arrivò anche la mafia. E a Cagliari, per interrogare un trafficante che leri aveva arrestato, arrivò, su un aereo dei servizi segreti, il giudice Falcone. Che anno era?
“Il 1983. Nessuno era informato dell’arrivo del giudice. L’interrogatorio del mafioso che curava gli interessi di una famiglia a Cagliari non avvenne in un ufficio della commissariato, ma in una sala riservata del ristorante “Sa cardiga e su schironi”. La notizia di questa visita è sempre rimasta riservata, nessuno ne ha mai parlato prima che io la rievocassi nel mio libro. Falcone era un magistrato eccezionale. Bisognava entrare in sintonia con lui, perché aveva un modo di fare molto siciliano, mentre io da romano ero più abituato ad essere assolutamente diretto su tutto. Ma vidi come istruì il famoso maxiprocesso a Cosa Nostra: con una precisione incredibile, ci chiedeva le prove di ogni prova che portavamo. È stato veramente un eroe”.
Quali sono state le letture che le hanno facilitato questa sua nuova avventura da scrittore?
“Ho sempre letto le cose più varie, tutto quello che ho avuto sottomano l’ho sempre letto. Dal punto di vista letterario, mi piace molto Hemingway, così come i racconti di Kipling. Poi ho una passione per gli storici dell’antichità. Erodoto e Senofonte aiutano a capire molto dell’evoluzione della società. Romanzi invece ne leggo pochi”.
Perché?
“Un poliziotto come me la prima cosa che si chiede è se una storia quadra o no, se i particolari che sono raccontati sono credibili o no. E nei romanzi spesso ci sono persone con una pallottola calibro 9 nello stomaco che fanno cose inverosomili!”.
Progetti per il futuro?
“Ho ripreso a scrivere, ma con molta sofferenza. Nell’ultimo libro, Radici e sangue, ho raccontato come sono morte 32 persone che lottavano contro la mafia. Per la prima volta ho fatto nomi e cognomi veri, e non è stato facile”.
Teme l’arrivo di altre telefonate particolari?
“L’ultima mi è arrivata due giorni fa. Mi chiamano da un noto studio legale cagliaritano, la segretaria mi dice “Resti in attesa”. Pensavo che mi volessero preannunciare una querela e sono stato molto brusco. E invece era solo un notissimo avvocato che aveva letto i miei libri e mi voleva fare i complimenti. Mi ha anche detto che venerdì verrà alla presentazione”.
E voi, ci sarete?